Su tutto l’itinerario francigeno italiano, il tratto da Ivrea a Vercelli è quello che più frequentemente viene ricordato da quelle particolari fonti itinerarie che sono le «Chansons de geste». I riferimenti alle località poste lungo questa parte del tracciato sono numerosi: Santhià, per esempio (Saint Agache o Saint Agath), è ricordata ben otto volte, a conferma della sua importanza sotto il profilo viario. Particolarmente interessanti sono anche quei passi delle Chansons che rimandano all’esistenza di attività e infrastrutture di servizio legate alla strada, la menzione delle quali segnala l’importanza e la fama che le stesse dovevano aver raggiunto in determinate località.
Santhià rappresenta la 44ª tappa del percorso da Roma a Canterbury compiuto dal vescovo inglese Sigerico nel 990, percorso che sarebbe poi diventato il ramo principale della “Via Francigena”.
Nelle sue linee generali, il percorso più antico della Via Francigena da Ivrea a Vercelli ricalcava il tracciato della strada romana che univa Eporedia a Vercellae, della quale furono ritrovati nell’Ottocento cospicui resti a sud del lago di Viverone, nella regione Dora Morta (da Alice Castello partiva una strada romana selciata, di circa sette chilometri, che dirigeva verso Santhià).
Tuttavia, nel corso del Medioevo, la Via modificò il suo percorso, nel senso che fu preferito un tracciato a nord del lago del Viverone, che transita per Piverone e Cavaglià e si ricongiunge al precedente percorso nei pressi di Santhià. È questo il percorso a cui oggi si fa solitamente riferimento. Sempre a Santhià confluiva il ramo della Via Francigena che entrava in Italia dal Moncenisio e che toccava Susa, Torino e Chivasso.
La funzione di “raccordo” tra i diversi rami diede al nostro centro grande importanza, tanto che in esso sorsero ben quattro “ospizi” (o hospitali), ovvero strutture di accoglienza che fornivano un ricovero per la notte, un giaciglio e cibo caldo: uno dipendeva all’Abbazia della Bessa, un altro apparteneva all’ordine dei Cavalieri di Gerusalemme e gli altri due erano intitolati, rispettivamente, a San Bernardo e al Santo Salvatore.