A Santhià, in regione Pragilardo, nella campagna risicola in direzione Vercelli, fin da fine Ottocento si sapeva che dovevano esistere rilevanti insediamenti di epoca romana. Già nel 1874, infatti, erano emerse alcune tombe, in una delle quali era stato ritrovato un tintinnabulum in bronzo, un unicum al mondo, e un’ascia di bronzo, ora entrambi esposti al museo Leone di Vercelli.
Ma è proprio nel 2015 che, durante i lavori di scavo per la posa di una condotta di metano, affiorano altre “anomalie” (così definiscono gli archeologi indizi presenti nel terreno) che fanno sospettare la presenza di materiali interessanti. In effetti vengono scoperte importanti tracce di un insediamento abitativo, con segni di una strada percorsa da carri, resti di capanne, recinzioni di animali e, soprattutto, una piccola necropoli di dieci tombe, una delle quali in perfetto stato di conservazione.
La d.ssa Elisa Panero, al momento della scoperta Funzionario della Soprintendenza Archeologica del Piemonte per il vercellese, spiega che si tratta di tombe entro fossa a incinerazione indiretta (cioè il defunto era posto su una pira, l’ustrinum, a parte, dove veniva cremato e poi le ceneri raccolte con il corredo entro la fossa). In un caso abbiamo una bella cassetta in mattoni. Le sepolture sono tutte di età romana, per ora – dato che lo studio puntuale deve ancora essere fatto – databili al II secolo d.C., ma già da adesso si può dire che si vedono dei piccoli nuclei raggruppati, con tombe che in parte si sovrappongono fra loro, che quindi farebbero ipotizzare generazioni successive della stessa famiglia.
Al momento i materiali del corredo e le terre trovate internamente alle tombe sono in studio presso il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza. Lo studio nel dettaglio ci fornirà dati sulla composizione del nucleo funerario.
I materiali rinvenuti all’interno delle sepolture sono il corredo con cui veniva “accompagnato” il defunto nel suo viaggio nell’aldilà. Tutte conservano, oltre all’urna cineraria, gli oggetti di uso comune, come olle e brocche, ma anche materiali di un certo pregio come balsamari-portaprofumi in vetro, pendagli di collane in pasta vitrea, ecc. Nella tomba in laterizi è stato anche rinvenuto uno specchio in bronzo pressoché integro.
I reperti e tutto il contesto rinvenuto (le tombe ma anche il tratto di strada con ancora i segni dei carri individuato nelle vicinanze) saranno studiati in modo da poter offrire la giusta informazione sia alla comunità scientifica sia al pubblico, vercellese e non, interessato alla archeologia del territorio vercellese. Quindi si cercheranno le forme più opportune di comunicazione e valorizzazione, anche avvalendosi dei musei locali presenti sul territorio: il Museo Archeologico della Città di Vercelli-MAC intitolato a “Luigi Bruzza”, inaugurato nel 2014, e il nascente Museo Archeologico del Vercellese Occidentale che la Soprintendenza sta allestendo a Livorno Ferraris.
ATTENZIONE: il sito non è visitabile.
Per le informazioni e le immagini si ringrazia Pier Emilio Calliera, appassionato di archeologia e storia locale, il quale ha seguito le operazioni in stretto contatto con la Soprintendenza.